martedì 31 agosto 2010

LOVELY BONES - AMABILI RESTI

Trama
"Lovely Bones" (scusatemi, io utilizzerò, quando posso, i titoli in lingua originale, perchè molte volte le traduzioni rovinano tutto) è un film thriller-drammatico-fantasy (non sto scherzando), che tratta dell'omicidio con stupro, della giovane Susie Salomon.
La ragazza, una volta resasi conto di essere "morta", oppone resistenza nel raggiungere il Cielo, come lo chiama lei, e resta in quel limbo che "non è più ciò che era, e che non è ancora ciò che sarà" perchè sa che i suoi cari, in particolare il padre (e che padre, trattasi di Mark Wahlberg) riescono ancora, in qualche modo ad avvertire la sua presenza.
La ragazza "comunica" (che poi, di comunicazione non si tratta, in quanto non c'è mai una versa parola scambiata tra figlia e padre, dopo la morte di lei) attraverso delle "interfacce" che mettono in contatto i due mondi, e da queste interfacce assiste a come scorre lentamente il mondo (terreno) da quando lei non ne fa più parte.
Restando "sospesa" metaforicamente in questa zona franca, Susie segue tutte le vicende terrene, comprese quelle del suo assassino e da qui prendo spunto dalla mia prima riflessione.
Immobile
La ragazza assiste, tra le altre cose, a tutte le mosse e tutti i pensieri nascosti del suo assassino, impara a conoscerlo, e cosa più agghiacciante (dal mio punto di vista), sviscera anatomicamente cosa lo spinge ad uccidere, descrivendone gli impulsi e assistendo inerme ai minuziosi preparativi per la prossima vittima (ci sarà una prossima vittima?).
La cosa secondo me sconcertante è l'impossibilità di Susie all'azione: lei assiste a tutto ciò senza poter fare niente, l'unica cosa che riesce e può fare è prendere atto.
Il film, non so se è voluto, è permeato per tutto il tempo da una sensazione di estrema impotenza (che a me personalmente ha dato molto fastidio) sia da parte della protagonista, sia dai membri della famiglia, immobilizzati dallo sconcerto e dall'apatia, dal non riuscire a scoprire chi ha ucciso la figlia.
La madre che, sopraffatta dal dolore, si trasferisce in un' altra città per andare a raccogliere frutta! (ma dico, scherziamo?); la sorella minore che marca stretta la casa dell'assassino senza fare assolutamente niente, se non alla fine (ma che tanto, lo vedrete, non servirà a niente comunque); il padre che, dopo mesi di trance assoluto, ne esce e decide di dare fondo a tutti gli archivi della polizia per farsi giustizia da solo (quando invece l'assassino è il vicino di casa - dimanime, lo sanno tutti che l'assassino è sempre il vicino di casa!).
Insomma una scelta, forse, di mood che è riflesso di ciò che ora sente Susie: l'impotenza, la rabbia, il desiderio di vendetta che si schianta contro il nulla, la frustrazione, sensazioni rappresentate bene da un' immagine del film in cui la ragazza urla con tutte le sue forze e nessuno la sente.

Estetica
Parlando quindi di immagini, devo dire che l'estetica mi è piaciuta molto, forse molto in stile Tim Burton (l' accesso al Cielo, è un albero identico a quello della copertina di Big Fish), con questi "non-sense" estetici, di accostamenti di paesaggi improbabili che aiutano la storia e rendono bene l'assurdità del luogo in cui si ritrova intrappolata Susie: non più terreno, non ancora celeste.
Grande impatto scenico, secondo me, sono due scene: la prima nella quale la ragazza non sa ancora di essere stata uccisa, e la speranza la porta a scappare dal luogo del delitto. Nella corsa disperata, incrocia una ragazza della sua scuola che la "vede", Susie la supera, e poi si gira a guardarla.
La seconda scena è subito dopo, quando Susie, dopo la corsa, si precipita in casa per cercare i suoi genitori, che non vede; sente solo voci lontane e indistinte della madre che parla con un agente di polizia; entra in bagno e la visione è di impatto. Con un gioco di inquadrature che proprio non riesco a spiegare, vediamo la stanza immersa in una luce innaturale, al centro della stanza una vasca da bagno, piena, con dentro un uomo, a gambe flesse, aperte, appoggiate ai bordi della vasca, e il viso coperto da un panno sporco. La telecamera riprende il tutto dal basso, il chè da all'uomo un' apparenza di gigante informe, e triplica l'angoscia che ti prende la gola (perchè sino a quel momento neanche tu, spettatore, sai bene se Suie è viva o morta).
Tutto intorno, pavimento, vasca è sporco di fango e sangue, il lavandino è pieno di sangue e sul bordo è appoggiata una lama curva.
Poi l'uomo si toglie il panno ed è qui che l'assassino ora ha un volto ed è qui, soprattutto, che Susie capisce di essere stata uccisa.

Morto
"Cosa vuol dire Essere Morti?" se lo chiedono continuamente i personaggi del film: chi lo chiede a parole, come la ragazza strana al quasi fidanzato di Susie che le risponde:"Essere morti significa essere freddi, immobili, persi."; e chi invece non lo dice espressamente, ma vive cercando una risposta a questa domanda: Cosa significa essere morti? Solo perchè Susie è persa, vuol dire che è morta? Dobbiamo metterci l'anima in pace? Dobbiamo combattere fino alla fine? E ognuno, ovviamente, si dà la propria risposta. Per la madre essere morti significa evidentemente essere persi, ma non per il padre che continua a sentirla qui, Susie non è persa e quindi non è morta per lui.

Lentamente il bisogno di vendetta, da represso, si placa, Susie capisce che l'importante non è che il suo assassino la paghi (io qui dissentirei ampiamente)ma solamente che le persone a lei care accettino la sua scomparsa e continuino a vivere la loro vita.
La sorella minore, pur riuscendo a trovare le prove della colpevolezza del vicino, decisa a raccontare tutto al padre, rientra in casa e chi si ritrova? La madre che è tornata dai campi di frutta,(tralasciamo), non si può certo rovinare un momento così idilliaco; i genitori, che hanno passato una profonda crisi, sono ora pronti a sostenersi veramente l'un l'altro e a continuare con la loro vita, ora senza Susie; la sorella minore nel frattempo ha trovato l'amore e aspetta un bambino; sono questi gli "amabili resti" che sono restati dopo la morte di Susie: l'amore che ha lasciato ai sui cari e che ha rafforzato i rapporti che sembravano persi, creandone degli altri.
E l'assassino?
Happy ending
L'assassino ha quello che si merita in ogni modo: mentre sta provando ad importunare un' altra ragazzam viene colpito da un pezzo di ghiaccio che si stacca da un albero, perde l'equilibrio sulla neve fresca e precipita da un burrone non solo alto ma pieno di sassi che lo scenografo ha pensato bene di rendere il più aguzzi possibili. Cade per 30 secondi buoni, si spezza svariate ossa e finisce mezzo sepolto nella neve, con un colorito blu-cianotico, ridotto proprio come aveva ridotto le sue vittime, a pezzi, ma soprattuto
freddo
immobile
perso.

Grazie, R.

CREPUSCOLO

Allora, io per iniziare propongo il film che ha fatto discutere molto negli ultimi due o tre anni, e cioè Twilight.
Penso che tutti sappiate di cosa sto parlando per cui tralascio la trama.
Perchè Twilight?
Il mio "perchè" individuale è stato un po il solito: tramortita dai media e dalla pubblicità incessante che ti ingurgita anche e soprattutto contro la tua volontà e coscienza, decisi che era "politicamente corretto" vedere di cosa si trattasse. E qui entra in gioco il secondo nodo:
Film o romanzo?
Io ho iniziato col libro, che ho finito in pochi giorni e non dico cose lontane dal vero affermando che probabilmente, se avessi optato per il film in primis, probabilmente la cosa sarebbe finita li.
Non sto parlando della qualità del film, ma dall' assunto, quasi assioma, che la trasfigurazione di un qualsiasi libro (indipendentemente dalla sua qualità) sul grande schermo, purtroppo ne esca azzoppata, un pò a pezzi.
Quindi, visto che qui di Cinema parlasi, parla(si)amo pure!
Ok, prima che mi si inquadri come una ragazzina in preda agli ormoni, dico subito che: TWILIGHT, ROMANZO/FILM D'EVASIONE.
Ok, ci stà, siamo tutti d'accordo sul dire che non siamo di fronte a massime filosofiche di vita.
Partendo da questo, analizziamo come è nato questo "MOSTRO".
Regia.
La regista è Catherine Hardwicke (http://it.wikipedia.org/wiki/Catherine_Hardwicke), a mio parere una brava, che mette la firma a diversi lungometraggi indipendenti (ricordiamo "Thirteen" la storia di due tredicenni sconvolte dal mondo della droga, degli eccessi e del sesso adolescenziale e non; "Lords of Dogtown" istantanea del mondo skater; "Nativity").
La forma che dà a Twilight, a causa del basso budget, a me piace, a partire dai colori della pellicola e dalle inquadrature mai fisse, dimostrazione del modo di dirigere della Hardwicke: frenetico, senza riposo.
Gli attori.
Gli attori, bhe, si conoscono: l'inglese Robert Pattinson (24) e la californiana Kristen Stewart (20), attori non certo conosciuti per le loro doti recitative. Entrambi giovani, fanno parte lei, di un filone indipendente e/o comunque per piccoli ruoli di grandi film ("Panic Room, "Adventurland", "Into the Wild", "The Runaways"), lui "conosciuto" prevalentemente per avere interpretato la parte nel nobile Cedric Diggory in "Harry Potter e il calice di fuoco", e purtroppo non per altri ruoli molto più spessi a mio modesto parere. Ricordiamo "Little Ashes" in cui interpreta Salvador Dalì e mette in scena la storia omosesessuale con il compagno Federico Garcia Lorca; "How to Be"; "La fiera delle vanità".
Papà Hollywood
Quello che secondo me è degno di nota, non è tanto il film in sè (che può piacere, può fare ridere, può far passare due piacevoli ore di evasione sentimentale) ma soprattutto il fenomeno mondiale di marketing (perchè di questo si tratta) che Hollywood ha creato.
Era inevitabile come respirare, che Hollywood, una volta sentito l'odore da lontano del grande successo potenziale della franchigia, si fosse comportato come è suo solito fare: Hollywood vive di questo, trasformare quello che può in successo, anzi, chiamiamo le cose col proprio nome: dollari.
Ragazzine urlanti= MOLTI DOLLARI.

E da li secondo me ha inizio il degrado. Non dico che il romanzo sia un prodotto di qualità notevole, dico solo che reggeva, se si fosse fermato li ( e ai successivi tre libri), potevamo crederci per una settimana, o per quanto ci mettevate a leggerlo, che in mezzo agli alberi immersi e affogati nella fredda pioggia di Washington, potesse esistere qualcuno di non umano che potesse amarti in una maniere in cui, appunto l'uomo, non è in grado di fare.
Potevamo crederci, come possiamo credere a mostri blu alti due metri che lottano per il loro pianeta Pandora. Di EVASIONE trattasi, tutti ne abbiamo bisogno.
Viagra
E comunque il tema trattato dalla Mayer (Stephanie, la scrittrice) rapisce molte(i), indipendentemente da Hollywood e dal film.
E secondo me sta soprattutto nel fatto di come sta evolvendo la nostra società.
Prendo spunto da un servizio che ho sentito due giorni fa al Tg1: dicevano che l'uomo italiano non è più in grado di corteggiare la sua donna, non sa cosa significhi il romanticismo; io aggiungo che probabilmente non è solo l'uomo italiano.
E' normale, io personalmente, e lo dico sempre a chi mi conosce, penso che il romanticismo si sia estinto alla fine dell' 800. Normale. Le nostre vite sono inglobate dalla Fretta, un mostro che travolge tutti e di cui pochi sono veramente consapevoli. Viviamo nell'era del "Tutto e Subito", del godimento immediato,del Viagra, del Fast-food (e non solo food", del "compro su internet perchè faccio prima", del "prendo l'aereo per fare 300 km, così arrivo subito"; e ci siamo così dentro, che se dobbiamo aspettare 20 minuti dall'estetista, ci sentiamo impazzire.
A me, sinceramente, tralasciando la storia vampiri-sangue-scintillio-supervelocità-superforza ( per queste cose c'è un elenco infinito di capolavori del genere, in primis a mio parere "Nosferatu", per arrivare a film pià recenti "Intervista col vampiro" e pià "attuali o attualizzabili" come "Blade"), ha toccato la lentezza della storia.
E' così lontano dalla nostra realtà che mi ha incantata. Il sentimento è lento, è delicato, ti accarezza piano, poi cammina davanti a te, si gira e si ferma a guardarti, e tu cammini verso di lui, piano, quasi fluttuando.
Twilight ti insegna la bellezza dell'aspettare ( e forse questo deriva dall'influenza mormone della scrittrice), ma non in senso di rapporto sessuale (lo so che ci stavate pensando, sempre per ritornare al discorso del godimento immediato). Non sto parlando di quello, o meglio non solo.
Twilight racconta di come sia straziante e meraviglioso allo stesso tempo, e disarmante e riempiente e potente, tendere la mano verso qualcosa o qualcuno senza mai toccarlo veramente (metaforicamente parlando). E' come un orgasmo infinito, che non si consuma mai, totalmente estraneo alla realtà di oggi, dove TUTTOOGNICOSA finisce nel momento in cui inizia, brucia in un attimo.
Scelta
E poi, per concludere, c'è una tematica che a me sta particolarmente a cuore e con la quale mi piacerebbe concludere con un finale ad effetto: i vampiri descritti non bevono sangue umano, nonostante sia nella loro natura più intrinseca, in un passaggio, il padre di famiglia (quella vampira) dice:"Il fatto di essere nati così, non ci obbliga a non avere le forze per cambiare ed essere migliori".
Tutti abbiamo una possibilità di scelta, non tutti abbiamo la forza e il coraggio.

Grazie, R.